Il pomeriggio del 15 Aprile 2019 è una data destinata a restare nella storia come lo fu l’11 settembre, oramai diventato per antonomasia sinonimo di tragedia.
In questo caso per fortuna nessuna vittima, tranne una: la cattedrale di Notre-Dame è stata devastata dalle fiamme.
I lavori di costruzione della cattedrale proseguirono dal 1163 al 1344 e a lavorarci furono quelli che ancora non lo sapevano ma sarebbero diventati gli europei di ora: artisti e operai provenienti da tutta Europa trovarono lavoro nel cantiere e contribuirono alla costruzione di questo gioiello gotico.
Più di 200 anni per costruirlo, e solo poche ore per mandarlo in fumo.
È sicuramente qualcosa che da riflettere sulla caducità di ogni cosa, anche di ciò che sembra immortale.
Non vedremo più il tetto in legno costruito nel 1200, né la guglia alta 45 metri che svettava fiera verso il cielo e che un pomeriggio è semplicemente crollata tra il fumo e le fiamme.
Per la verità il gigante gotico, simbolo di un’Europa che ancora deve compiere grandi passi in avanti, stava già mostrando segni di deterioramento. Il tempo si sa non risparmia nessuno. Nemmeno un gioiello di architettura amato da fedeli e atei, europeisti e antieuropeisti.
Proprio per apportare qualche restauro intorno alla cattedrale era stata montata un impalcatura in legno che pare abbia preso fuoco per un corto circuito. Le indagini sono ancora in corso, ma si parla di un incendio colposo dai primi riscontri.
Nemmeno i 500 pompieri intervenuti sul posto hanno potuto fermare immediatamente quel fuoco maledetto che ha divorato le vetrate, il tetto, la guglia e ha trasformato quel capolavoro in uno scheletro in fiamme.
Tutta Parigi si è riversata nelle strade ad assistere attonita e insieme al mondo sono rimasti col fiato sospeso fino alle 22:00 quando finalmente le fiamme sono state domate e si è potuto fare la conta dei danni.
Un misto di frustrazione e senso di impotenza si è probabilmente impadronito di chiunque guardasse quella scena color cremisi, nero e grigio sapendo che non c’era modo di arginare quelle fiamme.
Dichiarata patrimonio dell’UNESCO nel 1991, ispirazione per la profetica penna di Victor Hugo, un edificio che ha fatto sognare per la diffrazioni della luce attraverso le sue vetrate.
La perdita di Notre-Dame non è solo una perdita francese. Il mondo dell’arte, le nazioni, gli uomini tutti hanno perso qualcosa. È un altro simbolo che ci lascia orfani.
Le campane parigine hanno suonato a lutto per rendere omaggio al colosso caduto.
E già si parla di unirci tutti per ricostruire ciò che è rimasto, per riportarla al suo splendore. Forse più bella, dicono.
Chi ha voluto la fortuna di visitarla potrà serbare il ricordo di quella maestosità e di quella poesia. Chi non l’ha vista mai probabilmente dovrà aspettare almeno 30 anni. I più anziani hanno la certezza che non la rivedranno.
Ricostruire dunque.
Con la consapevolezza di farlo per chi verrà dopo di noi. Con lo stesso spirito di chi iniziò questa cattedrale con la certezza di lasciare una traccia ai posteri.
Ricostruire e poter dire che quello del 15 aprile 2019 è stato solo un incubo passeggero.
Di Valentina Cicchelli