L’Italia sa rialzarsi

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L’Italia sa rialzarsi dopo i colpi inferti,

l’Italia sa arrangiarsi anche nei tempi incerti.

Nel tempo dei contagi

l’Italia ha bloccato anche gli abbracci;

anche se triste,

è sicura

che si tratta di passaggi

che può tranquillamente superare

con la bella solidarietà

che solo gli italiani sanno fare.

Lo si è visto molte volte e in diverse occasioni

che l’Italia è sempre prima nelle raccomandazioni

più di quanto lo è nelle prevenzioni.

I suoi locali in questi giorni chiudono i battenti,

e i proprietari tornano a casa deludenti.

Già da qualche settimana la scuola è sospesa;

davanti ai supermercati in fila indiana vedi gli italiani far la spesa.

In casa molti sono annoiati,

eppure erano loro che lamentavano che il lavoro li ha stancati.

Ah, poveri disgraziati, presi da una routine senza cuore,

adesso rivedono la loro quotidianità col buonumore.

L’Italia, però, non è il paese dei perdenti,

sa sempre come rialzarsi dopo i tanti suoi sconvolgimenti.

La solidarietà degli italiani è più dei contagi,

anche se a volte sembrano chiudersi nei propri agi.

Incontrandosi per strada e a un metro di distanza si consolano sorridenti:

c’è ancora la speranza in questi tempi.

L’Italia sa rialzarsi sempre dopo le cadute e,

anche se le tremano le vene, sa dire: “Andrà tutto bene!”.


A cura di Nicola Montereale

Il lato profondo delle parole

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Una breve chiacchierata con lo scrittore Gianrico Carofiglio avvenuta nella suggestiva location, immersa nel cuore della Murgia, di Lama di Luna.

Aggiungere e sottrarre: due verbi dal significato contrapposto. Nella cultura moderna vi è una naturale propensione nell’applicare il primo dei due verbi, ignorando il secondo. Perché, negli esseri umani, è insita, da un lato, la paura di sottrarre e, dall’altro, la tendenza ad accumulare il più possibile, anche il superfluo, allontanandoci dall’essenziale?

L’accumulo, sia materiale sia spirituale, credo dipenda dalla paura. Di varie cose, fra cui la solitudine e la morte. L’antidoto però è nella leggerezza, non nel caricare la propria imbarcazione di ogni sorta di cianfrusaglie, materiali e spirituali.

Il racconto, attraverso i libri, di storie umane. I libri possono, in qualche modo, alleviare il senso di solitudine che aleggia nell’animo di tanti? Qual è il suo rapporto con la solitudine?

Credo di sì. Almeno per me è stato ed è così. Leggere allevia, a volte fa sparire la solitudine. Io ho un rapporto altalenante con la solitudine. A volte mi piace, mi ci accomodo come in una casa familiare e confortantevole. Altre volte sento il bisogno di sfuggirla. Credo di non essere molto diverso da tutti gli altri, in questo.

Qual è, se esiste, un accadimento della sua vita che tante volte ha provato a raccontare, attraverso la sua penna, senza riuscirci per le troppe emozioni in gioco?

Esiste sicuramente. Anzi: esistono. Per conoscerli però occorrerà aspettare che io sia capace di raccontarli nei miei libri.

Uno scrittore e la curiosità di scoprire le tante sfaccettature umane. Come era Gianrico da bambino?

Goffo, sempre distratto, in preda a ogni sorta di fantasticherie. A dire il vero la situazione non è troppo cambiata oggi, nella sostanza.

Le regalo una scatola di colori, quale tra questi oggi la rappresenta maggiormente?

L’indaco.


Di Giuseppe Leonetti

Il Molise (R)esiste

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Sentivo nell’aria la fragranza tipica delle zucche intagliate ospitanti candele scioglienti infuocate dal desiderio pagano quando apparve a me. All’inizio, la guardai intensamente negli occhi con diffidenza austera per esaminarle la parvenza, come si addice alla tradizione. In seguito, dopo aver sussultato compostamente per il brio, distolsi lo sguardo dai medesimi, poiché avevo già captato quella lucentezza tenebrosa ammaliatrice che mi manda letteralmente in brodo di giuggiole perché sono sicuro mi incornici. A questo si aggiunga che le tenebre per me hanno un fascino singolare: rappresentano il vostro strepitoso Burj Khalifa, la crociera sul Mediterraneo, la vacanza alle Azzorre, il volo intercontinentale in First Class. E poi, al Colosseo preferisco il Tufello, alla Galleria Umberto I il Rione Sanità, al Duomo la Barona, alla Basilica di San Petronio la Bolognina. Oltre a questi presupposti in combutta con le sue caratteristiche spiccate, quelle che ero riuscito a rinvenire dopo un’analisi capillare, potevo asserire con un filo di voce che avrebbe potuto allinearsi ai miei canoni sciroccati con un pizzico di approfondimento spavaldo in più. Sì, quella castagnola intoccata avrebbe allungato la lista dei luoghi sconsigliati da cui è meglio tenersi alla larga per non avere grane e questo, mi provocava fremiti eccezionali. Lei non era affatto bella da morire, piuttosto era bella da vivere, da guastare in tutte le sue salse, da osservare da ogni angolatura per apprezzare ogni sua sfumatura, incluse quelle recondite che mi avevano ingravidato. Il mondo le stava stretto perché lei sentiva di essere l’universo che contiene materia, energia, pianeti e stelle…Ero il suo corpo celeste preferito, e lei, l’unica a riuscire a detenermi nonostante la pioggia di meteoriti che avevano messo a repentaglio quel sodalizio galattico. Eravamo fusi, in tutti i sensi, ma non abbastanza da non riuscire a splendere…


Di Lorenzo Sinesi

SENTIRSI A CAOS

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Non era diventato ciò che ambiva ad essere nella vita, ciò che sognava quando era bambino con il candore piantato negli occhi e le montagne russe montate nel cuore; proprio no! Il suo orologio da polso aveva sullo sfondo il ritratto immondo di Donald Trump, mentre i governanti erano squallidi coni gelato al pistacchio che “Toglievano tutte le voglie”. In quel periodo storico travagliato, uno dei tanti momenti baritonali della sua vita menomata a dire il vero, aveva trovato conforto nel passato, con cui aveva trascorso fugaci attimi irripetibili la cui intensità luminosa era stata talmente tanto elevata da averlo abbagliato fino all’appannamento visivo. Ade, perché questo era il suo nome, era dell’idea che sarebbero stati irripetibili in quanto l’involucro che li avvolgeva era ormai usurato e andava giocoforza sostituivo. Quei colori fiabeschi fiammanti che un tempo tempestavano quella creazione dall’allegria contagiosa invece, erano stati spenti senza alcuno scrupolo dalle inquantificabili bombe d’acqua con cui aveva dovuto misurarsi sin da subito lasciandoci le penne. Ade non voleva vivere di nostalgia, piuttosto voleva ripristinare quell’idillio, quelle funzioni corrose dall’acqua salata, conscio che gli sarebbero servite ulteriori competenze, stati d’animo, colpi di fortuna, perché il talento non è sufficiente senza un pizzico di buona sorte. D’altronde, come sarà noto ai più sagaci, il cambiamento avviene attraverso una serie di fattori combacianti, che collimano tra di loro, i quali soltanto lavorando in sinergia acquisiscono tutte quelle potenzialità necessarie per iniziare a ricostruire ciò che il nubifragio ha raso al suolo. Diversamente tocca annaspare, cercando disperatamente un appiglio palesemente gracile prima di accettare a malincuore l’inabissamento in mezzo a un mare di spettatori non paganti gaudenti. Sarebbe potuta essere un’operazione di salvataggio quella, in fondo bastava una semplice ciambella a salvargli la vita, invece si è trasformata in una grottesca operazione di recupero dopo che l’indifferenza generale aveva preso il sopravvento prima sull’umanità, poi sui principi generali che regolano il comportamento umano differenziandolo dalle bestie. Ade era diventato un astante della vita, un turista della speranza, la cui unica meta prendeva il nome di nostalgia che riusciva ad essere sollievo, ma al tempo stesso tormento.

Lei, la nostalgia latente, si curava di lui come una madre apprensiva le cui premure non smettono mai di cessare e nel frattempo contraccambiava, mentre la vita gli scivolava addosso diventando sempre più greve.

Voleva volare Ade, uscire da quel torpore seviziante ma qualcuno gli aveva tagliato le ali. Cambiare strategia? L’avrebbe fatto, ma attorno a sé le scenario era desolante e non poteva fare altro che accettarlo, senza sentirsi a casa…


Di Lorenzo Sinesi

PASTA CROLLA

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Il preludio bugiardo di ciò che l’innocenza avrebbe adoperato ingenuamente al fine di decorare quel famigerato arbusto piantato nel giardino dell’immaginazione, falciato barbaramente dal talento innato servito alla realtà cruenta l’attimo dopo, ad operazione conclusa; giusto per andare a conclamare il fulgido cinismo incommensurabile di cui è provvista, che non ha mai lesinato in nessuna circostanza…

Sovente vorrei emulare Kurt Cobain, seguire le sue orme, lambire dolcemente l’infinito e accarezzare le lampadine al limone che tappezzano l’etere, protraendo la mia mano tremolante verso il loro indirizzo cangiante. Altre volte compro un fegato da Wish, il venditore è Mick Jagger…Un tipo stravagante, svitato, mitico…A guardarlo bene, sembra detenere la ricetta perfetta finalizzata a fottere perpetuamente il tristo mietitore il quale, pare essere spacciato agli occhi vergini di chi vagheggia al pari di quella famosa delegazione inglese formata da undici elementi emigrata in quel di Istanbul nel lontano 2005 protagonista di mirabolanti imprese memorabili.

Il cammino è pressoché uguale, ossia tortuoso, folle e in atmosfere surreali, ma il risultato, spiace dirlo, è già scritto, scontato, oggi come allora a bocce ferme. La biologia non si batte, ma neppure il libero arbitrio non scherza.

A volte ho come l’impressione di essere attorniato da gente menomata, sorda, che discute di quello che ha ascoltato mediante gli amplificatori spaccati di una radio obsoleta promosso dagli irriducibili farisei dispensatori di prezioso lerciume. Personalmente, ritengo che la limitatezza sia un virus da confinare e neutralizzare e non da candeggiare, lasciar girare a piede libero indisturbato concedendogli finanche di destare scompiglio, confusione e soffusione, benché per qualcuno rappresenti una virtù, una caratteristica peculiare acclamata da una folta schiera di babbani.

Voglio dire, non mi rammarica la singola voce infettata; è la coralità a costernarmi con tanto di repulsione consequenziale nei confronti di tutto ciò che riproduce fattezze umane poiché significa che ho fatto male i conti, e che gli inetti hanno capacità riproduttive superiori alla media. La qualità degli ingredienti incide sulla bontà della creazione, sulla sua appetibilità, ed io, sono un dolce confezionato scrauso in offerta speciale che aveva l’ardire di poter ambire alle tavole di marmo, ignorando che il suo destino l’aveva destinato alle tavole di legno sfregiato!


Di Lorenzo Sinesi

La Rinascita del Vento – La quarta raccolta di poesie di Giuseppe Emanuele Volpe

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Si intitola “La Rinascita del Vento” la quarta raccolta di poesie di Giuseppe Emanuele Volpe, staccata dalle prime tre perchè segna l’inizio di un nuovo percorso interiore:

“In questi versi -spiega l’autore- abbandono completamente la poesia classica per dedicarmi completamente a quella moderna. Lo stile è una mescolanza tra Montale, Ungaretti e Quasimodo con accenni alle poesie racconto di Pavese e a Mario Luzi. La brevità dei componimenti è data dalle espressioni poetiche con un periodare esteso, cioè frasi e periodi abbastanza lunghi, ma non troppo. L’ermetismo si mescola con la poesia discorsiva, facendo nascere quella che i greci e i latini chiamavano “variatio”. Schema, successivamente, abbandonato da Virgilio nell’Eneide. Si racconta che egli volesse persino distruggere alla fine della sua vita l’Eneide, perchè non ritenuta un’opera perfetta. In questa sezione sperimentale sono inserite anche poesie scritte nel dialetto andriese con traduzione italiana a lato, dove possiamo trovare riferimenti alla tradizione popolare andriese, messa ed esposta in una lingua purificata da espressioni grossolane e grezze in uno stile più raffinato sulla base della prima tradizione letteraria italiana volgare del trecento, vedi per esempio Guinizzelli o Dante. In questa raccolta metto più a nudo la mie esperienze di vita, i sentimenti, anche i dolori, i traumi della vita passata insieme al desiderio personale di ogni uomo di essere guarito dalle sue ferite, e trovare pace e serenità in sé stessi, attraverso la ragione che è una mia caratteristica; data la mia personalità fortemente razionale, cerco di indagare il divino e lo spirituale. Accanto si trovano tempi solo puramente autobiografici, che riguardano la vita, insieme al desiderio insaziabile di amore, che mi portò nello smarrimento della solitudine, ma anche a una rinascita, si può benissimo dire a una risurrezione che deve necessariamente passare attraverso una morte. In questo periodo scrivevo anche un testo teatrale su Pinocchio, che molti non sanno essere di ispirazione cristiana. Ecco, se si guarda all’uomo che è stato appeso su quella croce tutto diventa più accettabile per noi, ma questo non significa rassegnazione davanti al male della vita, bensì avere il coraggio di guardare in faccia il nostro dolore e affrontarlo insieme alle paure che esso genera. Ci si scoprirà pian piano di essere diventati più forti, vivi, e anche sereni e finalmente felici, perchè la felicità non consiste nel denaro, nella cultura, ma nella sapienza e nello scoprire la verità e conoscere ciò che è bene e ciò che è male. Questo lo diceva Aristotele, filosofo pagano prima di Cristo, ed è divenuto il padre del pensiero occidentale. Mi piace ricordare l’episodio del Vangelo legato alla prima apparizione di Gesù risorto, che appare ai discepoli a porte chiuse e subito gli mostra le ferite rimarginate, come per dire: “guardate sono veramente io, sono vivo.” Sì, perchè il dolore e la sofferenza restano sempre una grande prova che ha scosso tutto il nostro essere.”


A cura di Giuseppe Emanuele Volpe

ASSALTO ALLA POESIA

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Ad Andria  una piccola comunità  si riunisce sabato 15 settembre accogliendo la proposta di Franco Arminio (poeta e (poeta e paesologo fondatore della Casa della paesologia). L’idea di Franco Arminio è che nel mese di settembre ognuno vada in libreria a comprare un libro di poesia.

‘Possiamo pensare a un giorno in cui concentrare gli acquisti,la lettura e quindi anche occasioni di incontri comunitari. L’evento potrebbe essere duplicato da chi vuole in ogni città e paese nella stessa giornata.

‘Una volta si diceva che la bellezza salverà il mondo ora si potrebbe dire che la poesia salverà il mondo. A me interessa una cosa molto più piccola, fare un gesto comune, qualcosa assieme. Poi valuteremo che cosa è successo’.

Il 15 settembre potrebbe rappresentare la nostra giornata comunitaria di “ASSALTO ALLA POESIA”.

Sarebbe bellissimo se le gli scaffali di poesia dopo quel giorno restassero vuoti’.

Vi invitiamo a condividere,  assaporare, consultare e acquistare poesia.

Ci incontreremo alle 10.00 in corso Cavour, 132 nella libreria Mondadori.

Seguiranno due azioni poetiche DAL CENTRO AL MARGINE DELLA CITTA’:

– PASSEGGIATA IN BICICLETTA

– PASSEGGIATA PEDONALE

Il percorso in bici prevede le soste sui binari di via Trani, “Giardino mediterraneo” all’interno della villa comunale, parco “Giovanni Paolo II”, chiesa rupestre ‘Santa Croce’.

Il percorso pedonale toccherà le seguenti tappe: piazza Umberto I (Palazzo di città), mercato nuovo (piazza del pesce), via Quarti (ospedale vecchio), chiesa rupestre ‘Santa Croce’.

I partecipanti potranno  portare con sè o cogliere l’invito ad acquistare  libri di poesia.

Poesie da declamare in compagnia,  da regalare,  da sussurrare, offrire come atto di gentilezza e gratitudine in ciascuna tappa dei percorsi.

‘L’ASSALTO ALLA POESIA’ è un assalto alla miseria spirituale che sta conquistando tutto. Comprare un libro di poesia, farlo assieme a tanti altri, è uscire dalla mestizia che aleggia intorno alla letteratura, è ridare vigore politico alle parole migliori che gli uomini e le donne di ogni tempo hanno scritto.” (Franco Arminio)

Per adesioni scrivere a andriaxassaltoallapoesia@gmail.com o seguite l’evento fb Andria x Asalto alla poesia


La Redazione di Anima in penna

DESTINAZIONE PARADISO

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Capostazione, nuovo che avanza
Una paletta, il suo arnese
Ciuf ciuf, rumore che danza
Schianto al dodici del mese.
Luglio che arde di mattina
Esistenza labile e snella
Tacciono Pasquale, Giuseppe e Serafina
Strepitano Maria, Alessandra e Rossella.
Ricominciare, salutando con la mano
Dal finestrino del primo vagone
Gli sguardi di Pasqua, Enrico e Luciano,
le speranze di Michele, Albino e Salvatore.
Lei, Vita, seduce e incanta
Dolo o incuranza, nessun indizio
Per gli amori di Giulia, Nicola e Jolanda,
per i dolori di Benedetta, Donata e Maurizio.
Sicurezza, meccanismo antico
Dialetti di versi, Torre di Babele
Nel destino di Giovanni, Antonio e Lodovico
Nell’incantevole poesia di Fulvio e Gabriele.

A cura del Direttore, Miky Di Corato

MAGNITUDO

terremoto sismografo-2
Urla, notte o nota lirica
Sismica lancetta di una sveglia
Spina dorsale appenninica
Crepe d’Italia, la sua faglia!
L’Aquila, immune cicatrice
“Accumoli” di lamiere e macerie
Pennette indigeste ad Amatrice
Ira divina, politica di barbarie.
Penisola distrutta ed innalzata
Tradizione che eroi forgia
Parabola discendente ma “Arquata”
Nelle solide fondamenta di Norcia.
D(istruzione), banchi di scuola
Fra tricolore e vittime
Nessun pavimento sotto la suola
Solo Calende greche e lacrime.